Me: I’m tired
Women everywhere: Just enjoy the time with your kids. It doesn’t last!
Me: I said I’m tired, not that I hate my children. I’m allowed to fucking feel things.
Essere genitori è essere stanchi. Alzi la mano chi non ha mai sentito un genitore lamentarsi di quanto è sfinito. La stanchezza fisica della cura di un neonato, la pazienza infinita di fronte alle cocciutaggini di una duenne, il sonno dai mille risvegli, la fatica dell’attesa di un adolescente fuori la sera.
Non mi riferisco solo alla richiesta continua di un piccolo o una piccola di poche settimane, che hanno bisogno di ciucciare, di contenimento, di coccole, ma penso a quello spazio mentale che viene invaso dai pensieri rivolti alla cura, che concede rarissime vie di fuga e nessuna possibilità di mollare il timone, di lasciare la presa.
 “Come fai a far tutto?”, mi viene domandato spesso. La risposta è più semplice di quello che possiate pensare. Non faccio tutto, non posso fare tutto. Posso fare una cosa alla volta: fare una lista, dare la priorità ad alcune di queste cose, decidere di rimandarne altre, tralasciarne completamente altre ancora (se qualcuno vuole venire a pulire i vetri della nostra casa verrà insignito di una medaglia al valore). Qualche volta provo a fare più di una cosa, ma le possibilità di pasticciare aumentano esponenzialmente.
Il multitasking è un’illusione. Non possiamo tenere tutto sotto controllo.
Sto cercando di evitare di usare questa espressione anche solo come intercalare: non posso avere tutto sotto controllo. Non è possibile, non è una cosa sana che io abbia tutto sotto controllo.
Non sopporto quell’immagine con la mamma (di solito vestita di tutto punto, con tacchi e messa in piega) da cui spuntano mille mani che accudiscono bambini, lavorano, si prendono cura della casa, trasportano: è quello che ci viene richiesto, ma siamo creature dotate di due braccia e un solo cervello.
In alcuni momenti mi sento una funambola, nell’eterna ricerca di un equilibrio che mi permetta di infilare un piede davanti all’altro giostrando il ménage del nostro allegro circo familiare. Già in coppia non è sempre facile imparare quel passo a due, quel dinamismo interno che permetta di stare entrambi sul filo. Senza cadere se possibile. Nel momento in cui arrivano dei bambini la sfida è quella di trovare un modo di stare in equilibrio tutti assieme: i primi passi possono essere disastrosi, con molto esercizio qualcosina si può imparare.
Dobbiamo riconoscere, tuttavia, che non siamo fatti per vivere sempre su un filo in tensione.
Tutti gli acrobati, gli atleti e i pazzoidi che fanno funambolismo sopra ai burroni sanno che non è possibile dare il meglio di sé senza un tempo per riposare e ricentrarsi.
Abbiamo bisogno di uno spazio distensivo, lento, fuori dall’incastro. Tendiamo a considerarlo un surplus, un premio, qualcosa da concederci solo nell’eccezione. Ma solo se ci prendiamo cura di noi possiamo prenderci cura dei nostri figli.
Qui può partire la lamentela cosmica del “non ho mai tempo, non ho chi me li tiene, la vita vera non mi concede questo spazio” e, in parte, sono d’accordo: saremo sempre in debito di riposo e relax, le nostre aspettative difficilmente possono essere corrisposte (almeno per me è così).
Questo atteggiamento però non fa altro che aggiungere frustrazione alla stanchezza: come possiamo uscire da questo circolo vizioso?
Può diventare complesso prendersi uno tempo prolungato per staccare la spina quindi, forse, è necessario iniziare pensare ad un piano B.
La soluzione può essere quella che la cura di se stesse, un piccolo momento di nutrimento personale, si inserisca nella routine di ciascuna di noi. Faccio un esempio per esprimere meglio questo concetto: se nella mia casa, dove abitano sei persone e quattro di queste sono sotto i sei anni, facessimo le pulizie solo una volta alla settimana la situazione sarebbe costantemente disastrosa. Impiegheremmo un sacco di tempo ed energie nel giorno stabilito, passeremmo i giorni (anzi, le ore) successive a dire ai bambini di non fare questo e quello per preservare l’ordine e la decenza, al massimo due giorni dopo saremmo nuovamente sommersi dal caos, dallo sporco e dall’avvilimento. Per forza di cose, nel tempo abbiamo trovato una routine per gestire la casa, che ci permette di suddividere gli impegni e le priorità durante la settimana, permettendoci di vivere in un ambiente non perfetto (praticamente mai) ma almeno decente, automatizzando alcune abitudini che ci permettono di stare meglio.
Allo stesso modo la cura di noi stesse non si può limitare solo al momento speciale, deve passare anche attraverso una sorta di disciplina quotidiana, in cui ci impegniamo ad avere cura del nostro benessere un pochino ogni giorno: può richiedere una parte di forza di volontà, ma come possiamo continuare a dare se dentro ci sentiamo vuote? La cura di noi stesse non può essere un bonus: rischieremmo di vivere annaspando in funzione del suo arrivo, per poi cadere nella nostalgia non appena questo momento finisce.
Ci sono dei momenti in cui tutto questo diventa irraggiungibile, quando lo sfinimento e lo svuotamento sconfinano in una solitudine del cuore: non dobbiamo per forza fare sempre tutto da sole e a modo nostro, possiamo chiedere a qualcuno che ci vuole bene che si prenda cura di noi.
Ognuna di noi può trovare il suo modo particolare e speciale per trovare nutrimento, le possibilità sono infinite.
Cos’è che vi fa sentire meglio? Come fate a ricaricarvi?
Quali piccole cose vi aiutano a stare con i piedi per terra ed il cuore più leggero?
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